Gai-Jin (10 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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“Karma.”

“Si, karma.”

Ori sistemò la fasciatura intorno al braccio e il dolore pulsante aumentò. Uscì del sangue.

“Però non so se abbiamo perso. Dobbiamo aspettare, dobbiamo avere pazienza e stare a vedere quello che succederà. Abbiamo sempre progettato di attaccare i gai-jin alla prima opportunità... in fondo ho fatto bene ad attaccarli in quel momento.”

Shorin si alzò.

“Sono stufo di discorsi seri, di kami e di morte. Conosceremo la morte anche troppo presto. Il sensei ci ha concesso di vivere per sonno-joi. Dal niente al nulla, ma adesso abbiamo un'altra notte da goderci. Un bagno, sakè, da mangiare, poi una vera signora della notte, succulenta e profumata e morbida,” Ridacchiò.

“Un fiorellino, non un'orchidea, con un bel naso e gli occhi fatti bene. Andiamo ...” All'improvviso smise di parlare.

Da oriente, in direzione di Yokohama, arrivò l'eco di un cannone. Poi un razzo segnaletico squarciò l'oscurità.

“Che cos'era?”

“Non lo so.”

Davanti a loro vedevano soltanto le luci della prima barriera.

“E meglio attraversare le risaie, così possiamo aggirare le guardie.”

“Si. Meglio attraversare la strada qui e poi avvicinarsi alla spiaggia.

Non aspettano nessuno da quel lato, e riusciremo a evitare le pattuglie.

Poi la locanda è vicina.” Attraversarono di corsa la strada procedendo acquattati al suolo, poi saltarono su un sentiero che attraversava le risaie dov'erano state sistemate da poco le piantine invernali. All'improvviso si fermarono perchè dalla Tokaidò giungeva il suono degli zoccoli e dei finimenti di alcuni cavalli.

Si nascosero, aspettarono e restarono a guardare a bocca aperta quello che succedeva. Dieci dragoni in uniforme, armati di carabine e guidati da un ufficiale sbucarono dalla curva.

I samurai alla barriera videro gli inglesi e intimarono un altolà. Altri samurai arrivarono di corsa a dare man forte e ben presto dietro l'ufficiale vi furono venti uomini.

“Che cosa facciamo, Ori?” sussurrò Shorin.

“Aspettiamo.” Guardarono il samurai anziano alzare un braccio.

“Alt!” gridò.

Anziché inchinarsi piegò il capo come se avesse di fronte un sottoposto.

“Siete autorizzati a viaggiare di notte? Se siete autorizzati vi prego di consegnarmi i documenti.”

Ori si infuriò vedendo con quanta insolenza il gai-jin, senza smontare da cavallo né inchinarsi come avrebbe dovuto, si limitasse a fermarsi a dieci passi dalla barriera gridando qualcosa nella sua strana lingua e ingiungendo con un cenno imperioso ai samurai di alzare le sbarre.

“Come osate? Andatevene!” disse furente il samurai sorpreso da quell'atteggiamento insolente e facendo cenno agli stranieri di allontanarsi.

L'ufficiale inglese latrò un ordine e immediatamente i suoi uomini impugnarono le carabine e le puntarono contro i samurai poi, obbedendo a un altro ordine, spararono una raffica di colpi in aria.

Ricaricarono immediatamente e puntarono sulle guardie mentre l'eco degli spari non era ancora del tutto svanito lasciando il paesaggio avviluppato in un silenzio sinistro.

Shorin e Ori trattennero il respiro.

Conoscevano soltanto i fucili ad avancarica.

“Quelli sono fucili a retrocarica con nuove cartucce” sussurrò Shorin eccitato.

Nessuno di loro aveva mai visto quella recente invenzione, ne avevano soltanto sentito parlare.

I samurai alla barriera non erano meno sbalorditi.

“Ehi, hai visto come si ricaricano in fretta? Ho sentito dire che un soldato può sparare dieci colpi nel tempo in cui carichi il fucile ad avancarica.”

“Ma hai visto che disciplina, Shorin, e anche i cavalli, non si sono mossi!” L'ufficiale fece un altro brusco cenno per intimare l'apertura della barriera, con la chiara minaccia che se non gli avessero ubbidito in fretta sarebbero stati tutti ammazzati.

“Fateli passare” disse il samurai anziano.

L'ufficiale dei dragoni passò con atteggiamento carico di disprezzo, non mostrando alcuna paura, e i suoi uomini lo seguirono cupi, con i fucili spianati.

Nessuno fece mostra di essersi accorto delle guardie e nessuno rispose ai loro cortesi inchini.

“Farò subito rapporto e dovrete presentare le vostre scuse!” gridò il samurai cercando di controllare la rabbia che gli provocava l'atteggiamento sprezzante degli inglesi.

Passato l'ultimo soldato le sbarre vennero riabbassate e Ori mormorò indignato:

“Che modi volgari! Ma contro simili fucili cosa potremmo fare?”.

“Avrebbe dovuto attaccarli e ucciderli e poi morire. Io non potrei comportarmi come quel codardo... io avrei attaccato e sarei morto” rispose Shorin con le ginocchia tremanti.

“Sì. Penso che...”

Ori si interruppe e la sua furia cedette il posto a un'idea improvvisa. “Vieni” sussurrò.

“Andiamo a vedere dove vanno... forse riusciremo a rubare qualcuno di quei fucili.”

Capitolo 4


 

La barcaccia della Royal Navy sbucò dal crepuscolo diretta verso la banchina di Kanagawa.

Era una nave robusta di legno e pietra, diversa dalle imbarcazioni che punteggiavano la costa, e recava una baldanzosa insegna con scritto in inglese e in giapponese:

 

Proprietà della Legazione britannica

Kanagawa

Vietato l'accesso

I trasgressori saranno puniti

 

I marinai remavano di buona lena e i soldati erano armati.

Una sottile linea scarlatta accendeva ancora l'orizzonte a occidente; c'era maretta, e la luna si stava alzando in cielo sbucando in mezzo alle nuvole sospinte da una forte brezza.

Sul molo aspettava un granatiere della Legazione; accanto a lui un cinese con la faccia rotonda che indossava una lunga tunica a collo alto reggeva una lampada a olio appesa a un bastone.

“Re-mi!” ordinò il nostromo.

Immediatamente tutti i remi vennero imbarcati e il marinaio di prua saltò sul molo per attraccare; i soldati scesero in fila per uno, si schierarono in posizione difensiva con le armi in pugno sotto lo sguardo attento del sergente.

A poppa c'erano ancora un ufficiale della marina, e Angélique Richaud. L'ufficiale aiutò la ragazza a scendere a terra.

“Buonasera signore. Signora” salutò il granatiere sull'attenti.

“Vi presento Lun, un assistente della Legazione.”

Lun guardò la ragazza con aria sciocca.

“Buonasera, siete arrivati svelti svelti, heya? La signorina viene anche lei, si?”

Elegante nell'abito di seta azzurra intonato al cappellino e allo scialle su cui risaltavano i capelli chiari, Angélique era in preda a una grande inquietudine.

“Il signor Struan... come sta?”

Con gentilezza il soldato rispose: “Non so, signorina. Il dottor Babcott è il migliore in queste acque, dunque il poveretto si rimetterà in sesto, se questa è la volontà di Dio. Sarà proprio contento di vedervi... ha chiesto di voi. Non vi aspettavamo fino a domani mattina”.

“E il signor Tyrer?”

“Sta bene, signorina, ha riportato soltanto una ferita superficiale. Ora faremmo meglio ad andare.”

“Quanto siamo distanti?”

Fu Lun a rispondere, infastidito: “Si, no lontano, se partiamo arriviamo”.

Alzò la lampada e si incamminò nella notte borbottando fitto tra sé in cantonese.

Insolente bastardo, pensò l'ufficiale.

Era un giovane aitante il tenente della marina, e si chiamava John Marlowe. Tutto il gruppo si incamminò dietro il cinese. I soldati formavano la retroguardia, preceduti dalle guide.

“Vi sentite bene, signorina Angélique?” domandò Marlowe.

“Sì, grazie” rispose la ragazza stringendosi nello scialle e avanzando con cautela.

“Che puzza tremenda!”

“Ho paura che sia lo sterco che usano come concime, e la bassa marea.” Marlowe aveva ventott'anni, i capelli color sabbia e gli occhi grigio azzurri, ed era il capitano della Pearl, una fregata a vapore con ventun cannoni della Marina di Sua Maestà britannica.

In quei giorni tuttavia prestava eccezionalmente servizio come tenente di bandiera dell'ammiraglio Ketterer.

“Dovete vomitare?”

“No, no, sto bene.”

Lun li precedeva di qualche passo illuminando il cammino attraverso le viuzze deserte del villaggio.

Quasi tutta Kanagawa dormiva, ma ogni tanto giungevano le risate sguaiate e ubriache di uomini e donne intenti a divertirsi dietro alte recinzioni punteggiate qui e là da piccole porte sbarrate decorate da insegne in giapponese.

“Sono locande quelle, alberghi?” chiese Angélique.

“Direi di si” rispose Marlowe con delicatezza.

Lun ridacchiò tra sé a quello scambio di battute. Il suo inglese, appreso in una scuola missionaria di Hong Kong, era buono, ma ubbidendo alle istruzioni ricevute aveva sempre finto di non capirlo e parlava soltanto pidgin.

Fingere di essere stupidi era il sistema migliore per venire a conoscenza di molti segreti ai quali i suoi superiori della tong e soprattutto il loro capo, l'onorevole Chen, Gordon Chen, compratore della Struan, attribuivano grande valore.

Un compratore, quasi sempre un eurasiatico di buona famiglia, era l'indispensabile intermediario tra commercianti europei e cinesi perchè parlava correntemente sia l'inglese sia i dialetti cinesi, e nelle sue mani si fermava almeno il dieci per cento di ogni transazione.

 

Ah, altezzosa signorinella che si nutre di desiderio represso, pensò Lun divertito, mi chiedo quale di questi maleodoranti Occhi in fuori sarà il primo a farti aprire le gambe e a entrare nella tua altrettanto maleodorante Porta di Giada.

 

Lun era al corrente di molte cose sul conto della ragazza.

 

Sei così immacolata come pretendi di essere oppure il nipote del demone Struan Occhiverdi ha già goduto del Tempo delle Nubi e della Pioggia?

Lo saprò presto, per tutti gli dei maggiori e minori, perchè la tua cameriera è la figlia della terza cugina di mia sorella.

So già che i tuoi peli dovrebbero essere strappati e che sono chiari come i capelli e che sono troppo folti per i gusti di una persona civilizzata, ma andranno benissimo per un barbaro.

Puah!

Scommetto che questo attacco e l'omicidio finiranno per creare molti guai sia ai diavoli stranieri che ai mangiamerda di queste isole.

Magnifico!

Che possano tutti annegare nel loro sterco!

E' interessante il fatto che il nipote del demone Occhiverdi sia stato gravemente ferito, non smentendo così la cattiva sorte che accompagna tutti i maschi della sua famiglia; interessante che la notizia sia già segretamente in volo per Hong Kong con il corriere più veloce.

Che uomo saggio sono!

Ma sono nato nel Regno di Mezzo, in fondo, e quindi sono superiore.

Ma il cattivo vento di qualcuno può essere benevolo per un altro.

Queste notizie avranno sicuramente l'effetto di far cadere di molto il prezzo delle azioni della Nobil Casa.

Con qualche informazione ottenuta per tempo io e i miei amici potremmo ricavarne grandi profitti.

Punterò alle corse di Happy Valley il dieci per cento del mio guadagno sul prossimo cavallo che avrà il numero quattordici, che è la data di oggi, secondo il calendario dei barbari.

 

“Hooo!” gridò indicando un punto davanti a sé.

Le torrette centrali del tempio, sbucavano sopra i vicoli e i sentieri tra le case minuscole simili a cellette di un alveare.

Due granatieri erano di sentinella con un sergente ai cancelli del tempio, ben illuminati dalle lampade a olio. Dietro di loro troneggiava Babcott. “Salve Marlowe” disse il medico con un sorriso.

“Vedervi è un piacere inaspettato. Buonasera, mademoiselle. Che cosa...”

“Scusate, dottore” lo interruppe Angélique fissando sbalordita quel gigantesco inglese, “ma Malcolm, il signor Struan, abbiamo sentito dire che è stato ferito gravemente.”

“Una ferita piuttosto brutta, si, ma l'ho ricucito per bene e ora dorme come un sasso” rispose in tono disinvolto Babcott.

“Gli ho dato un sedativo, potrò accompagnarvi da lui tra poco. Che cosa succede, Marlowe, perché...”

“E Phillip Tyrer?” lo interruppe un'altra volta Angélique.

“Anche lui... anche lui è stato gravemente ferito?”

“Solo una ferita superficiale, mademoiselle, ma non c'è niente che voi possiate fare in questo momento perchè sono entrambi sotto l'effetto dei sedativi. Perché la marina, Marlowe?”

“L'ammiraglio ha ritenuto che fosse meglio farvi avere un pò di protezione in più... in caso di evacuazione.”

Babcott fischiò. “Dite sul serio?”

“Proprio in questo momento c'è in corso una riunione. L'ammiraglio, il generale, Sir William, insieme ai rappresentanti di Francia, Germania, Russia e America e alla... ehm... alla fratellanza dei mercanti.”

Poi aggiunse: “Suppongo che sarà una riunione piuttosto calda”.

Si rivolse al sergente della marina.

“Controlli la Legazione, sergente Crimp, verrò a ispezionare gli alloggi più tardi.”

E rivolto al sergente dei granatieri aggiunse: “Date per cortesia al sergente Crimp tutto l'aiuto di cui ha bisogno per alloggiare i suoi uomini eccetera eccetera. Come vi chiamate, sergente?”.

“Towery, signore.”

“Grazie, sergente Towery.”

“Volete venire con me a prendere una tazza di tè?” chiese Babcott.

“Grazie, no” rispose Angélique in tono secco.

Avrebbe voluto essere più gentile, ma era molto impaziente di vedere i suoi due compagni e inoltre quell'abitudine tutta inglese di versare il tè a ogni pie sospinto approfittando di ogni occasione per offrirlo la lasciava alquanto perplessa.

“Mi piacerebbe vedere il signor Struan e il signor Tyrer.”

“Certamente, subito.”

Il dottore aveva capito che la ragazza era prossima a una crisi di pianto e che aveva un gran bisogno di una buona tazza di tè, magari corretta con un goccio di brandy, nonché di un sedativo e di una bella dormita.

“Il giovane Phillip ha avuto un bello shock, temo... dev'essere stata un'esperienza spaventosa!”

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