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Authors: Sarah Langan

Virus (17 page)

BOOK: Virus
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Ronnie fece un mezzo cenno di assenso. Be', il discorso filava. Noreen appoggiò il frullato sul tavolino, dove avrebbe lasciato anche un anello che si abbinava benissimo a tutti gli altri che il tavolo aveva collezionato nel corso degli anni. Praticamente aveva già traslocato a casa sua, e di conseguenza il suo coinquilino Andrew si era trasferito in un altro appartamento dall'altra parte della città. In un certo senso era un bene; così non doveva nemmeno infilarsi i pantaloni quando aveva voglia di vederla. Dall'altra parte era sconcertante, perché un minuto prima era al Dew Drop Inn, ubriaco fradicio, e un attimo dopo si era ritrovato l'armadietto del bagno pieno zeppo di tamponi e strisce per la ceretta.

L'appartamento puzzava di piedi. Lois passava l'aspirapolvere una volta la settimana e lavava i piatti. L'avrebbe sposata se non fosse arrivata Noreen a schiarirgli le idee. Il mese scorso al Dew Drop Inn aveva fatto tintinnare il suo Cosmopolitan alla mela contro il bicchierino di Jim Bean di lui, e gli aveva detto: «Tu credi di essere innamorato, ma non lo sei. È una questione di comodo». Poi aveva ruotato lo sgabello puntandogli le cosce opulente contro come un'arma. «Prendi me e te, per esempio. Tra noi c'è un'alchimia che supera quella di chiunque altro qui dentro. È su questo che si basa l'amore, non su una ragazza che ti comanda a bacchetta e ti lava la biancheria.»

Ronnie era rimasto scioccato - i suoi genitori adoravano Lois. Anche lui la amava... quasi sempre. Ma dopo qualche secondo, le parole di Noreen gli erano penetrate nel cervello come un acido. Era vero che Lois lo dominava, e ultimamente gli era venuto da pensare che sposarsi potesse essere uno sbaglio. Non era pronto per avere bambini. Non voleva essere il papà di nessuno, e niente lo avrebbe convinto a piantarla con il fumo. Senza contare che ultimamente nemmeno il sesso era più granché. Il livello era sceso sotto la media, dunque per i prossimi cinquant'anni lo aspettava una scopata mediocre due volte la settimana: all'improvviso gli parve più una condanna al carcere che un matrimonio.

«Dimmi che non hai mai fantasticato di infilarti sotto le mie sottane, Ronnie. Dimmelo e io smetto subito di parlare. Prendo il mio cocktail e me ne vado laggiù.» Noreen aveva indicato un gruppo di ragazzi che giocavano a biliardo. Era piuttosto bassa, appena un metro e cinquanta, e aveva occhi grigi e freddi.

Quella sera Lois era rimasta a casa di sua madre a disporre i posti a tavola per il ricevimento di nozze, una cosa che a lui suonava piuttosto stupida. Perché la gente non poteva semplicemente sedersi sulla prima sedia libera che capitava? A Ronnie non era mai venuto in mente di farsi Noreen, ma adesso che lei l'aveva sguinzagliata nella sua testa vuota, quell'idea ci rimbalzò finché non trovò un posto dove mettere radici. Se avesse accompagnato Noreen a casa, qualcuno al bar avrebbe potuto raccontarlo a Lois e lei lo avrebbe scaricato: nel giro di pochi giorni sarebbe stato un uomo libero. Fu questo pensiero, anche se era tanto sbronzo che in seguito l'aveva dimenticato, a spingerlo a baciare Noreen Castillo. Il bacio fu pessimo, e un po' fuori bersaglio perché nessuno dei due era abbastanza sobrio da prendere la mira delle labbra. Ricordava che gli si era impigliata la mano sotto la maglietta abbondante di lei, ma non sapeva se fosse accaduto prima di uscire dal bar o dopo. La mattina dopo si era svegliato con un mal di testa atroce e una grassona tra le braccia. In quel momento, non sapeva con certezza cosa fosse peggio. Non molto dopo, lui e Lois si erano lasciati.

Noreen fece un rutto aromatico e poi si strofinò la pancia. Era piuttosto volgare, una cosa che da principio gli era sembrata una figata, perché significava che non gli avrebbe rotto le palle sulle sue maniere a tavola e sulla muffa che ricopriva metà del contenuto del suo frigo. Ma adesso non era più certo che fosse tanto vantaggioso essere entrambi così sciatti. Passare da una ragazza all'altra non era mai stato nei suoi piani. La sua idea era di tornare a piede libero, e invece si era proprio inguaiato: un altro matrimonio! Il pensiero gli scatenò uno sciame di vespe nello stomaco, così fece altre due boccate per calmarsi. Poi sorrise, perché gli venne in mente una cosa positiva. Con Noreen non sarebbe mai stato costretto a rinunciare all'erba.

Stavano parlando, ma non ricordava più di cosa. Ah, giusto. Lois. «Credo che dovrei vederla.»

Noreen non rispose. Gli strappò la canna e la impiastricciò tutta di chinotto, poi gliela restituì. «Lois ti teneva per le palle, Ronnie. Non le fregava niente di te, e se vai da lei non sarà certo gentile. Non crederesti alle cose che mi diceva di te alle tue spalle. Stattene alla larga e ringrazia Dio che l'hai scampata.»

Come per la maggior parte delle cose che diceva Noreen, il discorso filava finché non ci rifletteva su. Lois era una pasta di pane. Guardò la tv, dove un uomo con un completo scuro attraversava l'Artico a bordo di un Suv sull'aria di
Free
dei Rolling Stones. Mica male l'Artico. Magari gli sarebbe piaciuto farci un giro una volta o l'altra. Ma chissà se esisteva ancora, l'Artico?

«Vado a casa di Lois» disse, e non appena ebbe pronunciato quelle parole accadde qualcosa che gli capitava di rado: si sentì sicuro della sua decisione. Aveva bisogno di vedere Lois. Aveva bisogno di spiegarle. Aveva bisogno del suo perdono, perché quel che aveva fatto lo rodeva così tanto che ormai nemmeno l'erba riusciva a dargli l'oblio.

Noreen fece una smorfia come a dire che era il peggior sfigato del mondo, e lui capì che a quell'espressione avrebbe dovuto farci il callo. «Se ci vai, vengo con te. Al ritorno puoi darmi un passaggio al lavoro. Non mi fido a perderti di vista.» Sorrise come fosse una battuta, ma lui sapeva che non era così.

Quando Jodi Larkin spalancò la porta d'ingresso, Ronnie notò subito che non era ubriaca. Le vedeva il bianco degli occhi. «Signora Larkin... ehm, Jodi», perché comunque la interpellasse si sentiva a disagio. Almeno adesso non sarebbe stato costretto a chiamarla 'mamma'.

La mano unta di Noreen stringeva saldamente la sua. Jodi lanciò uno sguardo di fuoco alle loro dita allacciate, così lui cercò di liberarsi, ma Noreen non si dette per vinta. «Lois è in casa?» domandò lui. Non gli veniva in mente niente da dire, così si limitò a sorridere, pensando che fingendo buon umore avrebbe potuto essere contagioso.

«Perché vuoi vederla?» domandò Jodi.

«Vogliamo chiarire» disse Ronnie.

Jodi lo fissò per un po', ma lui non aggiunse altro. L'infelicità le aveva inciso un reticolo di rughe sopra le labbra e intorno agli occhi. Non sembrava vecchia, solo esausta. «Hai saputo di James Walker?»

«No, cosa?» domandò Ronnie.

«Bene. Non serve che tu sappia. Non accennare alla scuola altrimenti va fuori di testa...»

Ronnie era confuso. Cosa intendeva? Ma parlare con Jodi non gli piaceva, quindi non fece domande. «Ok. Possiamo vederla?»

Jodi si strinse nelle spalle. «Dice cose senza senso. Non che sia una novità.»

«Grazie, Jodi!» disse Noreen. Sorrideva come se la vita fosse uno spettacolo pirotecnico dei Pink Floyd. «Saremmo proprio felici di vedere Lois!»

Jodi si fece da parte, e tutti e tre attraversarono l'anticamera. Era buia e puzzava di gin. La trama del tappeto era così logora che Ronnie riusciva a distinguere la stuoia che la teneva insieme. La casa però era pulita, indizio che Lois si era data da fare.

Jodi li condusse lungo il corridoio che portava alla stanza di Lois. «Sono davvero dispiaciuto per quello che è successo» disse lui. Jodi continuò a camminare. Era un manichino senza vita, avvizzito e sparuto. Non l'aveva mai vista sorridere, e forse adesso era arrabbiata con lui, o forse semplicemente depressa. Aprì la porta di Lois senza nemmeno bussare, una mancanza di riguardo che lo spinse a odiarla.

La stanza era fredda. Come una corrente più profonda nell'acqua di un lago che ti dà un crampo ai piedi. C'era odore di selvatico, come di puzzola. Il sole tramontava contro le persiane chiuse, tingendo di rosso le pareti bianche. Non riusciva a vederle la faccia. Solo una massa di capelli corvini abbandonati sul cuscino. Gli ricordò la sala degli indiani al Museo di storia del Maine. Le tribù guerriere conservavano gli scalpi del nemico come trofeo, e il museo ne teneva parecchi in mostra in una vetrinetta, esposti al pubblico. Da bambino si era chiesto: chi vorrebbe conservare il ricordo di una cosa così brutta?

Il bozzolo nel letto si riscosse, e a Ronnie si strinse la gola. In quel momento desiderò di potersi rimangiare tutto. Desiderò non avere mai baciato Noreen. Desiderò sposare Lois, anche solo per evitare di dover affrontare ciò che aveva fatto.

«È malata» disse Jodi. Poi rabbrividì, e si strinse le braccia intorno alla vita. «Il boiler è rotto. Peccato non ci sia un uomo in casa per ripararlo.»

Non era sicuro se lo stesse insultando o se stesse chiedendo il suo aiuto. Prima di trovare una risposta, lei avvicinò una sedia al letto di Lois e si sedette.

Lui e Noreen si avvicinarono. Il respiro di Lois era affannoso e rauco, e lui pensò si fosse beccata l'influenza che c'era in giro. Jodi abbassò la coperta, e lui vide il suo volto straordinariamente pallido. Aveva le labbra così esangui che sembravano blu. Gli sfuggì un suono, anche se non era sua intenzione. Un gemito.

«Lois?» domandò.

Jodi la scrollò per le spalle. Cercava di essere tenera ma non ne era capace. Le diede uno scossone. Lois aveva la pelle disseminata di uno sfogo di puntini rossi come granelli di sabbia. Ronnie ebbe la tentazione di portarla via da quel posto. Ma sapeva che non l'avrebbe fatto. Lei era una ragazza delicata, un tipo da camicia da notte, e da qualche parte in quella città esisteva qualcuno che desiderava esattamente quelle caratteristiche, ma quel qualcuno non era lui.

Lois si svegliò. Aveva le pupille dilatate e nere come si fosse fatta di anfetamine. Il viso era smagrito, così per contrasto i denti sembravano enormi. Lui avrebbe voluto sorriderle, perché lei era il suo tesoro, aveva sempre una parola buona persino per i suoi peggiori nemici. Ma non sorrise. Aveva paura.

«Cosa vuoi?» domandò Lois. Non disse
ciao
,
o
come te la passi, Ronnie?
Era ancora carina; sarebbe stato impossibile per Lois Larkin non essere carina. Ma adesso era anche merce avariata. Lui si pentì di non essersi fumato un chilum prima di suonare il campanello. Anche dieci.

Noreen gli si accostò, e lui si sentì un po' meglio. «Ci sposiamo» disse in fretta. «È capitato per caso. Non volevamo ferirti. Ma ci siamo innamorati.» Persino Noreen non sembrava più tanto sicura di se stessa.

«Volevamo chiederti scusa per l'articolo sul giornale. Avremmo dovuto dirtelo di persona» disse Ronnie.

Lois aveva la bocca screpolata, e il labbro inferiore sanguinava un po'. Se lo tirò in bocca e succhiò. «Mmm» disse, come se avesse un sapore magnifico. La fessura tra i suoi denti si era ristretta. Forse di notte aveva ricominciato a tenere l'apparecchio?

«Di giorno dorme, perché è abituato a stare sottoterra. Di solito lo sento solo di notte» disse.

«Cosa?» domandò Noreen. Lei e Ronnie si scambiarono un'occhiata. Si erano aspettati un paio di abbracci piagnucolosi e un giro di scuse, il tutto culminante in un «Ci si vede al Dew Drop!». Si erano aspettati un facile perdono, e magari una fetta della crostata di ciliegie di Lois. Adesso sembrava improbabile.

«Ve l'avevo detto io. La ragazza è fuori di testa. Le serve un goccetto di gin» disse Jodi con tono di rimprovero.

«Che cosa senti?» domandò Ronnie, ma Lois non gli prestava attenzione. Questo lo sorprese, anche se avrebbe dovuto saperlo che le cose erano cambiate. Quando stavano insieme, lei gli pendeva dalle labbra come se temesse di annegare senza la sua voce.

«Cerco di resistere ma non so nemmeno io perché. Non vale la pena, quello per cui resisto» disse Lois. Poi tossì, e un grumo di catarro le colò sul mento. Nessuno si avvicinò, o le allungò un fazzoletto, nemmeno Jodi, così lei se lo pulì con la camicia da notte, dove rimase a luccicare.

Ronnie sentì un vuoto allo stomaco come se si trovasse sulle montagne russe a Six Flags, e che Dio lo aiuti, anche se questa era la dolce Lois Larkin (
No, non è lei!
Tutto il suo corpo gli gridava che
quella non era affatto Lois!
), strinse il pugno destro come pronto a sferrare un colpo.

«Lois, ti prego» la implorò Jodi. Parlando si torceva le mani, con tanta forza che si lasciò dei solchi rossi. A lui venne da pensare che Jodi l'aveva piantata con l'alcol perché sua figlia aveva bisogno di lei. Niente fa passare una sbronza quanto il terrore.

Lois si girò verso di lui. Il suo sguardo era un laser, lo lacerava. Come sventrato, lui perdeva viscere per tutto il pavimento. Non guardò, ma le avvertiva, esposte allo scoperto. Le sue viscere in una pozza sull'impiantito. «Tu credi all'anima? Credo che la mia stia morendo» disse lei.

Lui si domandò se avesse reso folle una donna solo mollandola. Il suo amico Andrew sarebbe stato orgoglioso di una cosa del genere, ma Ronnie si sentiva solo in colpa.

«Mi ha piantato dentro il suo seme e sto cercando di farlo morire di fame. Sto cercando di uccidere anche il tuo seme, Ronnie» disse Lois.

Ronnie non capiva. Non voleva sapere. Lui e i suoi amici usavano sempre una battuta al liceo. Quando bevevi troppo e ti ritrovavi accucciato in un angolo con la testa che girava o abbracciato alla tazza del cesso, non cercavi di trattenere nessuno con te. «Si salvi chi può» gridavi, e i tuoi amici tornavano alla festa, o a farsela con la loro ragazza, mentre tu restavi a cavartela da solo. Ronnie ripensò a quella battuta. Voleva che qualcuno gridasse: «Si salvi chi può» per avere il permesso di darsela a gambe.

«Devo andare al lavoro» disse Noreen, e se non ne era ancora innamorato, si innamorò di lei in quel preciso istante. Gli strinse la mano, e questa volta lui ne fu felice.

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